lunedì 4 novembre 2013

Le prossime date a disposizione per le visite guidate alla mostra 
"Pollock e gli irascibili"

Sabato 23 novembre ore 16.30

Sabato 30 novembre ore 16.30

(Ritrovo 15 minuti prima davanti alla biglietteria della mostra).

Le visite guidate sono rivolte a bambini a partire dai 6 anni di età e alle loro famiglie.

I costi includono la prenotazione, i biglietti di ingresso, il sistema di microfonaggio (obbligatorio per gli adulti) e la visita guidata.

La prenotazione è obbligatoria al numero 3779478119
(anche per informazioni). 

Perché "irascibili?" - Pollock e gli altri.

I pittori presi in considerazione da questa mostra, che si apre con opere di Pollock ma prosegue con interessanti risvolti che riguardano principalmente l'espressionismo astratto, vennero definiti "irascibili" dal quotidiano americano Herald Tribune nel 1950 in seguito alla pubblicazione di una lettera da loro firmata e presentata al New York Times. La lettera si rivolgeva al presidente del Metropolitan Museum di New York ed era stata scritta come reazione al l'esclusione di questi artisti decisamente innovativi da una importante mostra che in quell'anno avrebbe celebrato, proprio al Metropolitan Museum, l'arte contemporanea americana. La mostra era stata annunciata nel maggio del 1950 e pochi mesi dopo, nel gennaio del 1951 la rivista Life pubblica una fotografia emblematica: quella dei 15 irascibili vestiti in completo da banchiere (Pollock al centro, seduto di tre quarti).

La mostra di Palazzo Reale si apre con la proiezione del testo della lettera degli irascibili e con la visione dettagliata della fotografia di Life, scattata dalla fotografa Nina Leen. A completare il gruppo, inclusa negli irascibili compare anche una donna: Hedda Sterne di cui in mostra si può ammirare il dipinto intitolato "New York, NY 1955" realizzato con aerografo e smalto su tela. Le linee che si intrecciano fanno pensare alle nuove architetture che stanno sorgendo nella grande metropoli, certamente diversa dal contesto da cui la pittrice proviene: la Romania degli anni Trenta.

Portare bambini alla mostra? 

Si, per vedere insieme ai genitori, oltre alle opere di Pollock, quelle di Mark Tobey (Universal Field, 1949) per chi ha un linguaggio segreto tutto suo e si cimenta anche in una scrittura inventata, fatta di segni grafici appaganti, che qualche volta forse sono anche uno sfogo. Per perdersi nel blu di Helen Frankenthaler (Blue Territory, 1955) dove i colori nelle scale dei blu, dei gialli e dei verdi si fondono in maniera istintiva con un caldo arancione che illumina e sembra creare la forma di un cuore. Per sedersi con calma davanti ai dipinti di Rothko, triste pittore che invece di dar sfogo ai colori come Helen Frankenthaler cerca l'equilibrio formale e "riordina" le superfici pittoriche in rettangoli di differenti dimensioni. In uno di questi dipinti è presente un colore scuro quasi nero che, si sa, ai bambini può piacere ma anche creare disturbo e inquietudine a seconda del momento emotivo che si sta attraversando. Per esperienza posso dire che è bene "non avere paura del nero", ma provare a sintetizzarlo spiegando che forse quel giorno Mark, il pittore, si sentiva triste, ma era senz'altro più allegro quando ha dipinto i rettangoli blu, giallo e verde (c'è anche un po' di magia in questo quadro, poiché i primi due colori mescolati fra di loro generano il terzo). 

Dato che nel titolo della mostra è presente l'irascibilità, potrebbe essere interessante suggerire ai bambini di sfogare la rabbia quando arriva, se se la sentono, col disegno e col colore. Sarà interessante notare cosa accade quando arriva la calma (anche qualche giorno dopo, magari), come cambiano le forme e i colori e se si può dare insieme un titolo ai dipinti.

Per comprendere invece le prime sale, quelle dedicate a Jacskon Pollock, è bene fare un tuffo nel passato della sua vita artistica, quando non era ancora il genio del "dripping" (i suoi dipinti più famosi sono quelli in cui fa colare il colore puro su grandi tele disposte sul pavimento, utilizzando gli spazi di un vecchio fienile riadattato a studio). In mostra sono presenti disegni degli anni '30 eseguiti a matita e pastello che non è esagerato, per una volta, definire come rappresentazioni di "demoni interiori" e che ricordano il periodo in cui l'ispirazione di Pollock si alimentava anche dell'arte dei murales messicani (conobbe e apprezzò il pittore Jose Clemente Orozco). Arriva al dripping anche attraverso la conoscenza di un tipo di arte praticata dai nativi americani nota come sand painting, fatta di simboli dal significato profondo e sacro, ma soprattutto fatta di una gestualità che ha importanza proprio come parte del momento creativo. L'importanza della gestualità, del far colare il colore sulla tela "danzando" attorno al dipinto, sono il cardine dell'opera di Pollock per quando riguarda il dripping. E se è bello osservare l'opera n.27 immaginando Pollock mentre fa sgocciolare i colori e li sceglie, alla fine della sezione a lui dedicata ci si può sdraiare su un divano circolare creato per l'occasione e ammirare le gocce di pittura che cadono dall'alto grazie ad un video che lo ritrae al lavoro. 

Torno al nero per un altro suggerimento artistico: i colori puri, specialmente quelli dei pastelli a cera, spiccano sui fogli da disegno neri creando effetti inaspettati. L'opera di Pollock intitolata "Number 17, 1950 / Fireworks", ne è un esempio dal punto di vista cromatico, anche se realizzata con olio, smalto e pittura di alluminio su pannello nero. Un momento per disegnare o dipingere a colori su foglio nero è consigliabile a tutti, grandi e piccoli.

domenica 22 settembre 2013

Coming soon: "Pollock e gli Irascibili"

Chi conosce bene la storia milanese mi chiede: "ma la mostra è su Pollock oppure Pollack?". Partiamo fugando i dubbi: la mostra prende in considerazione l'espressionismo astratto americano del dopoguerra, quindi si parla proprio di uno dei più noti esponenti dell'action painting, Jackson Pollock. Tuttavia nella storia dell'arte milanese è giusto ricordare il meno noto ma atrettanto valoroso Pollack, allievo dell'architetto Giuseppe Piermarini (che progettò per questa illustre città, fra gli altri edifici, il Teatro alla Scala e il Palazzo Reale in cui si svolge proprio la mostra di cui si parla). Il suo allievo Leopold Pollack si è occupato di progettare la bellissima villa Belgiojoso Bonaparte - e annesso giardino all'inglese - nell'attuale via Palestro, oggi sede di una collezione museale davvero ricca e interessante, nota come GAM (Galleria di Arte Moderna) luogo ideale dove andare a passeggiare con i propri piccoli fra sculture neoclassiche e grandi dipinti. Anche di questo ci sarà modo di parlare, e anche qui vi posso con piacere accompagnare.

Saluto il bravo Pollack, architetto asburgico col desiderio di coltivare giardini all'inglese, e mi reimmergo nel più bel corso monografico di arte contemporanea che ho seguito all'università, quello su Jackson Pollock, classe 1912, americano del Wyoming con la passione per il colore e, successivamente, per l'arte dei nativi americani, in particolare il sand painting.

La tecnica che sperimentò e che lo rese celebre, il dripping (cioè il far gocciolare il colore sulla tela) si basa sull'utilizzo del colore puro e di strumenti di vario genere che si sostituiscono ai pennelli. La spontaneità è la regina incontrastata nella realizzazione di queste opere, e in mostra sarà possibile ammirare il grande dipinto "Number 27" eccezionalmente prestato dal Whitney Museum di New York, da cui provengono circa 60 opere esposte a Palazzo Reale.

Fra gli altri artisti presenti in mostra un posto speciale è riservato a Mark Rothko, anche lui innamorato del colore, anche lui, come Pollock, aiutato e incoraggiato da Peggy Guggenheim. Rothko realizza grandi campiture di colore e lavora principalmente sugli accostamenti cromatici. Mi sono emozionata quando l'ho "rivisto" nella serie Mad Men, appeso nello studio di Bert Cooper. Anche se lì per fiction, ed eseguito da un fortunato e bravo scenografo, era un inconfondibile Rothko.

Attendo di poter visionare presto la mostra per poter accompagnare curiosi, bambini e famiglie. Intanto consiglio a tutti di praticare un po' di action painting. Sono sufficienti un telo di cellophane da piazzare sul pavimento di casa o meglio ancora in cortile (se volete dipingere indoor fate sparire il tappeto persiano ricordo della nonna oppure rendetelo sacro con il vostro sand-color-painting), un grande foglio di carta ad esempio carta da pacco marrone oppure fogli bianchi reperiti in colorificio, barattoli di tempera e qualche oggetto che ispira manualità, ad esempio cucchiai di legno recuperati in cucina, pezzi di filo di ferro, o anche pennelli, da intingere nel colore e far gocciolare. Pollock usava spesso latte di colore molto economico e, girando attorno alla sua tela posizionata a terra, faceva colare il colore creando addirittura delle combinazioni di forme simili ai frattali. Sperimentare questo tipo di pittura aiuta a scaricare energia e ritrovare vitalità, ma soprattutto permette di accedere ad una mostra di eccezionale qualità artistica senza domandarsi troppo per quale ragione degli schizzi di colore su un pezzo di tela si trovino in un museo. Passare attraverso l'arte con il corpo, e non solo con gli occhi e la testa, aiuta molto a comprenderla.

Conto di potermi rimettere presto a scrivere di questa mostra. Sul perchè, ad esempio, questi pittori furono chiamati "irascibili".

sabato 22 giugno 2013

Movimento gioco e fantasia

Nel libro "Movimento gioco e fantasia" di Mauro Laeng, edito nel 1990, trovo alcuni saggi di annate precedenti, posti come riflessione a conclusione del libro. Scelgo di leggere e rileggere quello che immediatamente cattura la mia attenzione: si intitola "Un programma Unesco per l'educazione estetica". Erano davvero altri tempi. L'autore consiglia di divulgare le immagini e i contenuti per l'insegnamento dell'arte agli insegnanti di scuola, sottolineando l'importanza di "distribuire delle diapositive educative agli istituti di formazione dei maestri". Sull'iportanza degli strumenti per mostrarle agli interessati, suggerisce "proiettori a schermo translucido incorporato" oppure lavagne luminose. Poco prima di leggere queste righe, ho guardato su youtube alcuni video sull'antica Roma e sulle collezioni dei Musei Vaticani. Mi hanno fatto effetto questi importanti suggerimenti di Mauro Laeng, anche se datati tecnologicamente, perchè questo maestro si era davvero interessato non solo a COSA divulgare, ma anche al COME (che poi è ciò che si impara a distinguere accostandosi all'arte, per poterne comprendere, o per lo meno tentare di decodificare, sia la forma che il contenuto)

Questo brano dice tutto: "Offrendo le serie di diapositive con opuscoli o libretti di commento, si consiglia che essi contengano due testi paralleli differenziati: uno di commento estetico e storico critico per l'insegnante, ed uno più breve descrittivo per gli alunni; i due testi potrebbero essere stampati fianco a fianco, il primo in caratteri più piccoli, il secondo in caratteri più grandi, leggibili anche nella penombra durante la proiezione". Il saggio è stato scritto come commento alle indicazioni Unesco del programma 1973-1974 in materia di educazione all'arte. Ho amato questo testo, perchè in fondo è vero anche oggi che per spiegare ciò che sai devi trovare le parole adatte, o anche una forma diversa dalla parola. E ci serve sempre qualcuno che spieghi a noi e che ci incoraggi a farlo nel migliore dei modi.

Il saggio si apre con queste righe: "Da molto tempo l'estetica ha posto in luce come l'attività pratica nelle arti sia posta [...] al servizio della espressione e comunicazione di pensieri e sentimenti. Molto opportunamente il programma richiama quindi l'importanza della dimensione affettiva, talvolta sottovalutata o neglettata. [...] L'arte, facendo in qualche modo da ponte fra gli aspetti cognitivi e quelli affettivi, può dunque costituire una presenza decisiva per un migliore equilibrio ed armonia dei programmi scolastici". Aggiungo che fa bene praticarla anche fra le mura di casa. Da soli o con la propria famiglia, trovare un momento per disegnare, modellare, dipingere o ritagliare, regala momenti di espressività inaspettati e preziosi. Allo stesso modo della drammatizzazione (un teatrino di marionette può andare bene per iniziare), del canto e della musica.

L'autore ha suscitato in me una certa curiosità e scopro che si è occupato, fra tante cose, di aggiornare il museo per la storia della didattica, istituito a Roma nel 1873. A lui è stato infine dedicato nel 2005 con il nome "Museo Storico della Didattica Mauro Laeng". Ha sede presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università degli Studi Roma Tre.

martedì 19 marzo 2013

La Cornice Bianca

Alla fine della gravidanza della mia prima figlia ho trascorso un bellissimo pomeriggio a scattare fotografie in un parco della mia città. Con l'aiuto di una cornice bianca ho potuto scegliere, inquadrare e selezionare degli oggetti, degli angoli suggestivi e dei dettagli da mettere in evidenza. Quello della cornice bianca è stato un bel gioco, un momento inteso che mi ha permesso di comprendere come il mio lavoro, ovvero l'educazione all'arte e al patrimonio, passi necessariamente attraverso scelte a loro volta artistiche e particolari "inquadrature".

Il patrimonio artistico, museale e naturalistico delle realtà in cui viviamo e che ci circondano da sempre (o da qualche anno, o da pochi giorni), sono un luogo ideale dove creare relazioni, anche nelle famiglie. Un laboratorio di arte con i propri figli o una visita guidata dove si accompagnano insieme genitori e bambini rappresentano una meravigliosa occasione di crescita e di sperimentazione. Si può cercare di usare ovunque una cornice bianca.