domenica 22 settembre 2013

Coming soon: "Pollock e gli Irascibili"

Chi conosce bene la storia milanese mi chiede: "ma la mostra è su Pollock oppure Pollack?". Partiamo fugando i dubbi: la mostra prende in considerazione l'espressionismo astratto americano del dopoguerra, quindi si parla proprio di uno dei più noti esponenti dell'action painting, Jackson Pollock. Tuttavia nella storia dell'arte milanese è giusto ricordare il meno noto ma atrettanto valoroso Pollack, allievo dell'architetto Giuseppe Piermarini (che progettò per questa illustre città, fra gli altri edifici, il Teatro alla Scala e il Palazzo Reale in cui si svolge proprio la mostra di cui si parla). Il suo allievo Leopold Pollack si è occupato di progettare la bellissima villa Belgiojoso Bonaparte - e annesso giardino all'inglese - nell'attuale via Palestro, oggi sede di una collezione museale davvero ricca e interessante, nota come GAM (Galleria di Arte Moderna) luogo ideale dove andare a passeggiare con i propri piccoli fra sculture neoclassiche e grandi dipinti. Anche di questo ci sarà modo di parlare, e anche qui vi posso con piacere accompagnare.

Saluto il bravo Pollack, architetto asburgico col desiderio di coltivare giardini all'inglese, e mi reimmergo nel più bel corso monografico di arte contemporanea che ho seguito all'università, quello su Jackson Pollock, classe 1912, americano del Wyoming con la passione per il colore e, successivamente, per l'arte dei nativi americani, in particolare il sand painting.

La tecnica che sperimentò e che lo rese celebre, il dripping (cioè il far gocciolare il colore sulla tela) si basa sull'utilizzo del colore puro e di strumenti di vario genere che si sostituiscono ai pennelli. La spontaneità è la regina incontrastata nella realizzazione di queste opere, e in mostra sarà possibile ammirare il grande dipinto "Number 27" eccezionalmente prestato dal Whitney Museum di New York, da cui provengono circa 60 opere esposte a Palazzo Reale.

Fra gli altri artisti presenti in mostra un posto speciale è riservato a Mark Rothko, anche lui innamorato del colore, anche lui, come Pollock, aiutato e incoraggiato da Peggy Guggenheim. Rothko realizza grandi campiture di colore e lavora principalmente sugli accostamenti cromatici. Mi sono emozionata quando l'ho "rivisto" nella serie Mad Men, appeso nello studio di Bert Cooper. Anche se lì per fiction, ed eseguito da un fortunato e bravo scenografo, era un inconfondibile Rothko.

Attendo di poter visionare presto la mostra per poter accompagnare curiosi, bambini e famiglie. Intanto consiglio a tutti di praticare un po' di action painting. Sono sufficienti un telo di cellophane da piazzare sul pavimento di casa o meglio ancora in cortile (se volete dipingere indoor fate sparire il tappeto persiano ricordo della nonna oppure rendetelo sacro con il vostro sand-color-painting), un grande foglio di carta ad esempio carta da pacco marrone oppure fogli bianchi reperiti in colorificio, barattoli di tempera e qualche oggetto che ispira manualità, ad esempio cucchiai di legno recuperati in cucina, pezzi di filo di ferro, o anche pennelli, da intingere nel colore e far gocciolare. Pollock usava spesso latte di colore molto economico e, girando attorno alla sua tela posizionata a terra, faceva colare il colore creando addirittura delle combinazioni di forme simili ai frattali. Sperimentare questo tipo di pittura aiuta a scaricare energia e ritrovare vitalità, ma soprattutto permette di accedere ad una mostra di eccezionale qualità artistica senza domandarsi troppo per quale ragione degli schizzi di colore su un pezzo di tela si trovino in un museo. Passare attraverso l'arte con il corpo, e non solo con gli occhi e la testa, aiuta molto a comprenderla.

Conto di potermi rimettere presto a scrivere di questa mostra. Sul perchè, ad esempio, questi pittori furono chiamati "irascibili".